La Tristezza che ci assale quando pensiamo al Dolore che c’è nel Mondo, alla Sofferenza, alla Malattia, al Malessere da cui siamo circondati non deve essere così forte, così potente, così incisiva da intaccare la nostra Serenità.
Essere tristi per gli Altri ha un Senso solo se ci riferiamo agli Altri come parte di Noi Stessi.
Si tratta di un Meccanismo che non è mai abbastanza approfondito.
Noi siamo Uno, siamo tutti Uno, e come tali in Noi c’è la stessa Sostanza che c’è nell’Altro, facciamo parte della stessa Unità; nel Momento in cui il Malessere dell’Altra Persona – che è altro da Me ma è anche Me – arriva a colpirmi, devo riuscire a gestirlo, a metabolizzarlo attraverso la Parte di me che è gioiosa.
Devo riferirmi a Me Stesso come ad una Unità, e così diventa facile capire: Io sono Io anche se i miei Pensieri – tristi ed allegri – possono alternarsi; anche il Pensiero più disperato può essere mitigato dalla mia Volontà di capirlo, di superarlo, di gestirlo.
Che cosa invece è giusto che avvenga quando il Dolore non è Mio ma dell’Altro?
In Pratica per gestire la Sofferenza degli Altri devo mettere in Moto lo stesso Meccanismo: mischiandola, contaminandola con la mia Gioia.
Non posso rimanere insensibile davanti al Dolore Altrui, ma non posso neanche farmi assalire da quel Dolore se la Gioia che è in me ne viene soffocata ed io depaupero il Mondo di una Vibrazione gioiosa.
Questo Meccanismo è importante: quando siamo tristi scatta in noi la Voglia di superare la Tristezza, di capire il perché della Tristezza e di mettere in Moto dei Meccanismi per alleviarla.
La stessa Cosa deve avvenire quando la Tristezza che ci assale non è dovuta ad una nostra personale Situazione ma ad una Situazione Altrui.
Tutto ciò è importante perché il Mondo si basa sull’Equilibrio: nel Momento stesso in cui io mi lascio assorbire dal Dolore dell’Altro e lo faccio mio, perdo la Gioia che è in me e raddoppio il Dolore del Mondo, il quale viene privato della Parte Gioiosa.
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