Nell’antico paese del Giafù c’era una bambina paffuta e rosea, un po’ troppo paffuta e un po’ troppo rosea, che era additata e derisa dagli altri abitanti che erano invece magrissimi.
La povera bambina non si SENTIVA diversa: LO ERA.
Ciò che andava bene per gli altri non era adatto per lei.
Lei non poteva prendere troppo cibo, sarebbe ingrassata ancora; loro dovevano mangiare per non dimagrire ulteriormente.
Tutto il paese era strutturato per gli esseri magri: piccoli letti, piccoli sedili, abiti stretti. Tutto questo era estremamente scomodo per la bella e rosea bimba, ma sopportabile, perché il suo carattere era sempre allegro e non lamentevole.
Quello che però era per lei veramente impossibile da gestire era l’apertura delle porte: così strette, così piccole che la costringevano sempre nella stessa stanza, senza poter uscire.
Di questo, solo di questo, lei si lamentava, era sola, gli unici contatti avvenivano attraverso una finestra, anch’essa piccola, piccola.
Quello che lei vedeva fuori la rendeva triste: tutti stavano attenti a non scontrarsi, avevano paura di cadere e rompersi, tanto erano magri; non ridevano perché la tensione era così forte e continuata che non potevano permettersi di rilassarsi, ma dovevano essere sempre all’erta e impegnarsi a mangiare sempre di più per mantenere quel poco di peso che avevano, non giocavano, non correvano.
Lei sola era immune da questi rischi, ma non poteva fare niente. Così ognuno viveva con i suoi problemi senza poter comunicare e senza preoccuparsi di quelli degli altri.
La regina delle fate venne a sapere di questa situazione e inviò la Fata Paoletta, la più sbarazzina e sensibile che aveva nel suo regno, con il compito di porre rimedio.
Appena arrivata nel paese del Giafù restò a bocca aperta, nessuno le andò incontro, erano tutti impegnati a guardarsi l’un l’altro, a portarsi via il cibo, così prezioso, a cercare di mantenere le distanze. Per fortuna vide anche la bimba paffuta e bella, che si era ritirata dalla finestra per non avere più la visione triste e deprimente degli altri e si era rifugiata nel suo mondo interiore e aveva così ripreso a cantare, a sognare, a mangiare con gioia.
Quello che però colpì di più la Fata Paoletta era la differenza fra la bimba bella e REALE e gli altri: INCONSISTENTI.
Si mise subito al lavoro per risolvere il problema e portò la bimba fuori dalla stanza, all’aria aperta e la cosa suscitò la derisione degli abitanti che iniziarono a sbeffeggiarla, a prenderla in giro e, sempre più curiosi, volevano avvicinarsi per sentirla cantare, per osservare com’era fatta, volevano toccare le sue guance paffute.
Così facendo persero il controllo della situazione e si scontrarono uno contro l’altro, si ruppero le ossa, si calpestarono, si annullarono e si rivelarono per quello che erano: esseri INCONSISTENTI, pieni solo d’aria, senza alcuna sostanza.
La bimba, ormai al sicuro, mano nella mano con la fata Paoletta, andò verso altri paesi, ma portò sempre dentro si sé l’esperienza fatta nel paese del Giafù e ignorò sempre quelli che la giudicavano, la criticavano, perché era ben consapevole che solo la forza interiore può dare consistenza e proteggere dagli attacchi altrui.
Era riuscita a fare della diversità, la normalità.
Mary è il nome della bimba e le sue avventure con la Fata Paoletta continuano.
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